“Tra un suono e l’altro cerco lo spazio di un gesto, sfiorando confini che da un lato sono musica dall’altro braccio, testa, gambe.”
Come sarebbe bello rendere il suono “sospensione” e il silenzio “stabilità”. Invertire il ruolo di chi è “pausa.” Aprire un varco di ricchezza lì dove normalmente si pensa ci sia staticità, fermo, riposo.
Dove c’è più movimento? In quale lato di questa barriera posso essere danza?
L’associazione univoca suono/movimento silenzio/staticità è un baratro culturale di conformismo inespressivo.
Il mio corpo sussurra, non urla. Chiama sottovoce..
Per sentirlo devo smettere tutto.
Parla piano perchè non vuole che farsi sentire da me, da me solo.
E anche se per cominciare devo fermarmi, per assottigliare un po’ l’orecchio, poi devo necessariamente donargli il mio corpo, il mio movimento.
E qui musica e silenzio coesistono.
Non so più dire dove inizia o finisce un suono,
ma so per certo che c’è musica.
So per certo che c’è silenzio.
So per certo che questa è la mia danza.
“Between one sound and another I look for the space of a gesture, touching borders that on one side are music on the other arm, head, legs.”
How nice it would be to make the sound “suspension” and the silence “stability”. Reverse the role of someone who is “pause.” Opening a gateway to richness where one normally thinks there is stillness, quiet, rest.
Where is there more movement? On which side of this barrier can it be dance?
The univocal association of sound / movement, silence / stillness is a cultural chasm of inexpressive conformity.
My body whispers, it doesn’t scream. Call softly ..
To hear it, I have to stop everything.
Speaks softly because it doesn’t want to be heard by me, by me alone.
And even if to begin with I have to stop, to thin my ear a little, then I must necessarily give it my body, my movement.
And here music and silence coexist.
I can no longer say where a sound begins or ends,
but I know for sure there is music.
I know for sure there is silence.
I know for a fact that this is my dance.